Pensavamo che il virus sopravvivesse nell’aria solo pochi minuti. I nuovi dati ci invitano a un po’ più di cautela. Il primo esperimento con l’attuale Coronavirus, per capire qual è la sua sopravvivenza al di fuori dell’organismo, è stato condotto dagli scienziati del laboratorio di virologia del National Institute of Allergy and Infectious Diseases: l’Istituto americano per le malattie infettive. I risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, una rivista scientifica, il 17 marzo. Spruzzato in aerosol in condizioni di laboratorio, il Coronavirus sopravvive fino a tre ore.
Da questi dati, in ambito scientifico ci si è iniziato a chiedere se questa nuova osservazione possa avere delle implicazioni sugli impianti di aerazione degli ospedali, soprattutto quelli di vecchia data (non a caso in cina i morti sono stati di meno e i malati sono stati dirottati in 4 ospedali di nuova costruzione fatti proprio per l’emergenza). “In ambienti dove si concentrano molti malati, potrebbe rendersi necessario sterilizzare in qualche modo l’aria che passa nei condotti, per evitare che vi si accumulino quantità di virus che possono essere rischiose”.
Non è una certezza, solo un’ipotesi, che era stata avanzata anche nel caso della nave da crociera Diamond Princess, attraccata a febbraio per la quarantena a Yokohama, e dove l’epidemia era dilagata a causa dei molti malati concentrati in spazi angusti e, almeno in teoria, segregati nelle cabine. “Avanzare una supposizione di questo tipo è facile, dimostrarla è molto più arduo, ma il problema è stato posto.
Questa piccola introduzione a mio avviso è importante per far capire meglio l’importanza dei controlli e delle sanificazioni che andrebbero fatti a livello degli impianti aeraulici e idrici, in relazione ai problemi che possono creare e alla loro capacità di diffusione di patogeni gravi per la salute umana.
Se come detto prima quelle su questa pandemia che stiamo vivendo in prima persona sono delle ipotesi che potranno essere smentite o dimostrate solo con studi e nel tempo, oggi una certezza esiste sul rischio riscontrabile della propagazione dell’agente eziologico legionella attraverso gli impianti idraulici e aeraulici.
Legionella spp è uno degli agenti eziologici di infezione polmonare batterica e deve il suo nome all’epidemia di polmonite che si verificò tra i partecipanti ad una riunione dell’American Legion nell’estate del 1976 a Philadelphia: tra gli oltre 4000 veterani presenti, (chiamati appunto “Legionnaires”), 221 si ammalarono e 34 di essi morirono.
Solo in seguito si scoprì che la malattia era stata causata da un “nuovo” batterio, denominato Legionella, che fu isolato nell’impianto di condizionamento dell’hotel dove i veterani avevano soggiornato. Legionella è l’unico genere della famiglia delle Legionellaceae.
Si tratta di sottili bacilli Gram-negativi, aerobi, asporigeni, generalmente mobili per la presenza di uno o più flagelli e di dimensioni variabili da 0,3 a 0,9 mm di larghezza e da 1,5 a 5 mm di lunghezza (mentre in coltura sono frequenti forme filamentose lunghe fino a 20mm). La parete cellulare di questi microrganismi è caratterizzata dalla presenza di acidi grassi a catena ramificata di solito non presenti nei batteri Gram-negativi.
Dal punto di vista biochimico le legionelle sono relativamente inerti: non presentano alcuna attività fermentativa degli zuccheri e la maggior parte delle specie è gelatinasi positiva e mostra una debole attività ossidasica e catalasica.
Come fonte energetica le legionelle utilizzano diversi aminoacidi, tra cui cisteina, arginina, isoleucina e metionina, e la loro crescita è stimolata da composti del ferro. Alcune specie di Legionella sono autofluorescenti: ad esempio L.bozemanii e L.gormanii mostrano una fluorescenza blu- bianca se illuminate da luce UV. L. pneumophilae L. micdadei non sono fluorescenti. Le legionelle sono difficilmente coltivabili e richiedono terreni di coltura specifici.
Attualmente al genere Legionella appartengono 52 specie suddivise in oltre 70 sierogruppi e circa la metà di queste risultano patogene opportuniste: L. pneumophila di sierogruppo 1 è la specie maggiormente implicata nella patologia umana (si stima che sia responsabile di oltre l’84% dei casi), seguita da L. longbeachae (3,9%) e L. bozemanii (2,4%), mentre altre specie, meno frequentemente isolate in campioni clinici, sono L. micdadei, L. dumoffii, L. feelii, L. wadsworthii e L. anisa (2,2% in totale).
Recenti indagini molecolari dimostrano che nella famiglia delle Legionellaceae esiste una notevole variabilità genetica, accompagnata da variazioni fenotipiche anche all’interno di ceppi geneticamente omogenei.
La legionellosi è causata nel 90% dei casi dal batterio Legionella, del quale sono state identificate più di 60 specie diverse suddivise in 71 sierotipi
La legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente Legionella, oppure di particelle derivate per essiccamento. Le goccioline si possono formare sia spruzzando l’acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superfici solide. La pericolosità di queste particelle di acqua è inversamente proporzionale alla loro dimensione. Gocce di diametro inferiore a 5µ arrivano più facilmente alle basse vie respiratorie. Sono stati inoltre segnalati in letteratura casi di legionellosi acquisita attraverso ferita.
Fattori predisponenti la malattia sono l’età avanzata, il fumo di sigaretta, la presenza di malattie croniche, l’immunodeficienza. Il rischio di acquisizione della malattia è principalmente correlato alla suscettibilità individuale del soggetto esposto e al grado d’intensità dell’esposizione, rappresentato dalla quantità di Legionella presente e dal tempo di esposizione. È inoltre importante la virulenza e la carica infettante dei singoli ceppi di Legionella, che, interagendo con la suscettibilità dell’ospite, determinano l’espressione clinica dell’infezione. Malgrado il carattere ubiquitario di Legionella, la malattia umana rimane rara; i tassi d’attacco nel corso di focolai epidemici sono bassi, inferiori al 5%.
Il tasso di mortalità correlata all’infezione da Legionella dipende da alcuni fattori specifici (come la gravità della malattia, l’appropriatezza del trattamento antibiotico iniziale, il luogo in cui è stata contratta l’infezione, le condizioni pregresse del paziente) e può variare dal 40-80% nei pazienti immunodepressi non trattati, al 5-30% in caso di un appropriato trattamento della patologia. Complessivamente la letalità della legionellosi si aggira tra il 5% e il 10%.
La legionellosi può manifestarsi in due forme distinte:
La Malattia del Legionario, dopo un periodo di incubazione variabile da 2 a 10 giorni (in media 5-6 giorni), si manifesta come una polmonite infettiva, con o senza manifestazioni extrapolmonari. La sindrome pneumonitica non ha caratteri di specificità né clinici né radiologici. Nei casi gravi può insorgere bruscamente con febbre, dolore toracico, dispnea, cianosi, tosse produttiva associati all’obiettività fisica semeiologica del consolidamento polmonare. Nei casi meno gravi l’esordio può essere insidioso con febbre, malessere, osteoartralgie, tosse lieve, non produttiva. A volte possono essere presenti sintomi gastrointestinali, neurologici e cardiaci; alterazioni dello stato mentale sono comuni. Tra le complicanze della legionellosi vi possono essere: ascesso polmonare, empiema, insufficienza respiratoria, shock, coagulazione intravasale disseminata, porpora trombocitopenica e insufficienza renale. La polmonite da Legionella non ha quindi caratteristiche cliniche che permettano di distinguerla da altre forme atipiche o batteriche di polmonite comunitaria. Come tale va sempre sospettata sul piano clinico tra le infezioni polmonari comunitarie e nosocomiali e, per questo motivo, la diagnosi di laboratorio deve essere considerata complemento indispensabile alle procedure diagnostiche cliniche.
La febbre di Pontiac, dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore, si manifesta in forma acuta simil-influenzale senza interessamento polmonare, e si risolve in 2-5 giorni. I prodromi sono: malessere generale, mialgie e cefalea, seguiti rapidamente da febbre, a volte con tosse e gola arrossata. Possono essere presenti diarrea, nausea e lievi sintomi neurologici quali vertigini o fotofobia.
Il trattamento della legionellosi, essendo una malattia di origine batterica, passa soprattutto attraverso terapie antibiotiche. La febbre di Pontiac ha un’evoluzione benigna anche in assenza di uno specifico trattamento chemioterapico. Tutte le altre malattie sostenute da Legionella species, dalle più comuni polmoniti, alle meno frequenti infezioni extrapolmonari, viceversa, richiedono un trattamento specifico per ridurre la probabilità di un esito infausto.
Gli antibiotici da utilizzare sono i chinoloni, i macrolidi e, con minor efficienza, le tetracicline. Al contrario, tutte le betalattamine, i carbapenemi, gli aminoglicosidi ed il cloramfenicolo sono inutili per il trattamento delle legionellosi in quanto non raggiungono concentrazioni intracellulari in grado di esplicare un effetto antibatterico
Allo scopo di sensibilizzare gli operatori e fornire loro indicazioni utili ad affrontare il problema, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha predisposto delle linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi (GU n.103 del 5 maggio 2000), nelle quali vengono descritte le modalità della sorveglianza e le possibili strategie di intervento da attuare sia in ospedali e case di cura che in strutture comunitarie (alberghi, campeggi, navi, impianti sportivi, piscine, ecc.), in assenza o in presenza di casi.
Nel 2005 l’ISS ha predisposto delle linee guida specifiche per i gestori di strutture turistico-recettive e termali (GU n.29 del 5 febbraio 2005).
L’ European Working Group for Legionella infections (EWGLI) ha predisposto delle linee guida europee per il controllo e la prevenzione della legionellosi associata ai viaggi, che offrono procedure standardizzate per prevenire, identificare e notificare le infezioni da Legionella nei viaggiatori. Queste linee guida, operative da luglio 2002, vanno ad integrare le linee guida nazionali già esistenti e servono da guida per quei paesi che ancora non ne hanno elaborate di proprie.
Le linee guida sono da considerarsi un insieme di suggerimenti tecnico-pratici per ridurre al minimo il rischio legionellosi
.In ambito ospedaliero, in caso di cluster o epidemia, è opportuno effettuare un’indagine epidemiologica per la ricerca di altri casi ed una indagine microbiologica ambientale per la ricerca di Legionella nelle possibili fonti di infezione. In base alla concentrazione di Legionella rilevata nell’ambiente le linee guida ministeriali suggeriscono di attuare o meno interventi di bonifica e disinfezione. Anche per i casi che si verificano incomunità deve essere effettuata un’indagine epidemiologica ed ambientale per la valutazione dell’esposizione e per la diagnosi dei casi e devono essere presi provvedimenti per ridurre la contaminazione ambientale.
La prevenzione della legionellosi in ambito sia comunitario che nosocomiale dovrebbe partire dalla corretta progettazione e realizzazione delle reti idriche, allo scopo di rendere improbabile la colonizzazione e la moltiplicazione diLegionella negli impianti di distribuzione dell’acqua calda e nei sistemi di condizionamento. Ad esempio in occasione di interventi di ristrutturazione o di nuova realizzazione, evitare di installare tubazioni con tratti terminali ciechi e ristagni d’acqua, preferire i sistemi istantanei di produzione dell’acqua calda a quelli con serbatoio di accumulo ed installare gli impianti di condizionamento in modo che l’aria di scarico proveniente dalle torri di raffreddamento e dai condensatori evaporativi non entri negli edifici.
Nei grandi edifici (alberghi, ospedali, impianti ricreativi, ecc.) così come negli ambienti di piccole dimensioni (appartamenti, studi dentistici, ecc.) la manutenzione periodica può contribuire in modo efficace a prevenire la colonizzazione degli impianti da parte dei batteri e soprattutto a limitarne la moltiplicazione e la diffusione.A tale proposito è consigliabile effettuare regolarmente una accurata pulizia e disinfezione dei filtri dei condizionatori, la decalcificazione dei rompigetto dei rubinetti e dei diffusori delle docce, la sostituzione delle guarnizioni ed altre parti usurate, lo svuotamento, la pulizia e la disinfezione dei serbatoi di accumulo dell’acqua.Per le strutture ricettive a funzionamento stagionale, prima della riapertura è opportuno procedere ad una pulizia completa dei serbatoi, della rubinetteria e delle docce. Inoltre è consigliabile far defluire a lungo l’acqua da tutti i rubinetti.
Gli ospedali sono ambienti particolarmente a rischio per la trasmissione della Malattia dei Legionari per la tipologia delle persone ricoverate. Inoltre tubazioni frequentemente obsolete e complesse favoriscono l’amplificazione delle legionelle negli impianti idrici e l’acqua calda mantenuta a 48 ± 5aC, per prevenire il rischio di ustioni dei pazienti, contribuisce alla loro crescita (art.5, comma 7 del DPR n.412 del 26/08/1993).
Attualmente i metodi a disposizione per il controllo della diffusione e moltiplicazione di Legionella spp negli impianti sono numerosi, tutti efficaci nel breve periodo ma non altrettanto a lungo termine.
La scelta della metodica più appropriata dipende dalle caratteristiche della struttura in cui si intende operare (ad esempio reparti a rischio di un ospedale presentano problematiche diverse rispetto ad uno stabilimento termale o ad un albergo), dell’impianto idrico e dell’acqua stessa (ad esempio la complessità ed il materiale di costruzione delle tubazioni possono impedire l’azione di un disinfettante, così come pH, temperatura e torbidità dell’acqua possono ridurne l’efficacia).
Allo scopo di sensibilizzare i medici e fornire loro indicazioni utili ad affrontare il problema, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha predisposto linee guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi (GU n. 103 del 5 maggio 2000), in cui sono descritte le modalità della sorveglianza e le possibili strategie di intervento da attuare in ospedali e case di cura, nonché quelle destinate a strutture recettive comunitarie (alberghi, campeggi, navi, impianti sportivi, ecc.), in assenza o in presenza di focolai. Nel 2005 sono state predisposte dall’ISS delle Linee guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico- recettive e termali (GU n. 29 del 5 febbraio 2005).
Queste linee guida sono da considerarsi un insieme di suggerimenti tecnico-pratici per ridurre al minimo il rischio legionellosi.
Per quanto riguarda la prevenzione, le linee guida suggeriscono diverse strategie. In ambito ospedaliero, in caso di cluster o epidemia, è opportuno effettuare un’indagine epidemiologica per la ricerca di altri casi e una indagine microbiologica ambientale utile al reperimento di focolai di Legionella. In base ai risultati del monitoraggio ambientale e al conseguente rischio di contrarre malattia, le linee guida ministeriali suggeriscono l’adozione di interventi di bonifica e disinfezione. Anche per i casi che si verificano in comunità deve essere effettuata un’indagine epidemiologica e ambientale per la valutazione dell’esposizione e per la diagnosi dei casi e devono essere presi provvedimenti per ridurre la contaminazione ambientale.
Temperatura
Minima temperatura efficace: 60°C.
Condizioni di utilizzo: fare scorrere l’acqua a 60°C in tutte le uscite (rubinetti, docce ecc.) per almeno 30 minuti ogni giorno.
Condizioni di mantenimento: mantenere l’acqua ad almeno 60°C nel sistema, altrimenti Legionella ricompare entro poche settimane.
I trattamenti termici non sono però sempre applicabili, date le elevate temperature da mantenere, la resistenza meccanica dei materiali dell’impianto ed anche il consistente consumo energetico.
Radiazione ultravioletta
Agisce sul DNA impedendone la replicazione ed ha massima attività disinfettante a 254 nm.
Data la mancanza di potere residuo, i raggi UV da soli non sono sufficienti a controllare la presenza di Legionella.
La torbidità dell’acqua, la presenza di biofilm e depositi possono agire da scudo alla radiazione proteggendo i batteri dall’azione disinfettante.
Filtrazione
Tale tecnica si basa sull’impiego di filtri da applicare ai punti d’uso (rubinetti, docce) che forniscono acqua esente daLegionella spp.
Sono utilizzati soprattutto in ambito ospedaliero per la protezione dei pazienti e degli operatori sanitari dei reparti a rischio.
Ioni metallici. Rame ed argento interferiscono con i sistemi enzimatici della respirazione cellulare e si legano al DNA con un effetto sinergico. Sono aggiunti nell’acqua elettroliticamente o come ioni metallici in quantità pari a 100-400 Jlg/L per il rame e 10-40 Jlg/L per l’argento.
L’utilizzo degli ioni richiede una attenta valutazione delle dosi secondo le caratteristiche del sistema, il monitoraggio dei livelli raggiunti (tenendo conto dei limiti per le acque potabili) ed una costante manutenzione degli elettrodi.
Agenti ossidanti
Cloro gassoso o ipoclorito (di Na o Ca)
Legionella spp è particolarmente resistente alla clorazione, soprattutto quando si trova in associazione con amebe o cisti di amebe. L’iperclorazione shock prevede l’immissione nel sistema di dosi elevate di cloro (20-
50 mg/L), il drenaggio dell’acqua ed il passaggio di nuova acqua fino ad avere una concentrazione di cloro di circa 1 mg/L. L’iperclorazione continua consiste nell’iniezione continua di cloro in modo da avere circa 2 mg/L di cloro libero ai rubinetti.
I principali svantaggi della clorazione sono la corrosione delle tubature, la formazione di sottoprodotti organici tossici (trialometani), l’alterazione del sapore e dell’odore dell’acqua e la ricolonizzazione del sistema idrico nel lungo periodo (la clorazione riduce ma non eradica Legionella in quanto non agisce efficacemente contro amebe e biofilm).
Biossido di cloro
E’ un gas preparato in situ ed usato per la disinfezione dell’acqua potabile. A differenza del cloro non determina formazione di clorofenoli maleodoranti e riduce fortemente il biofilm.
Clorammine (monoclorammina T)
Sono più stabili del cloro libero, hanno un maggior potere residuo, non danno origine a trialometani e penetrano meglio nel biofilm. Sono ancora in fase di sperimentazione.
Ozono
Agisce rapidamente danneggiando il DNA batterico.E’ più efficace del cloro ma non ha potere residuo.
Bromo
E’ usato per la disinfezione dell’acqua delle piscine e delle torri di raffreddamento, non per le acque potabili. Ha proprietà simili a quelle del cloro, ma è meno efficace verso Legionella.
Perossido di idrogeno e argento
Questo trattamento si basa sull’utilizzo di una soluzione stabile di perossido di idrogeno e ioni argento, che agiscono con effetto sinergico e sono in grado di demolire anche il biofilm. E’ una tecnica recente che necessita di ulteriori conferme sperimentali.
Agenti non ossidanti
Vari disinfettanti organici sono utilizzati contro Legionella spp: chetoni eterociclici, guanidine, amidi e glicoli alogenati, tiocarbammati, tiocianati, amine, aldeidi, ecc.
In generale gli agenti non ossidanti sono meno efficaci degli ossidanti.
Per assicurare una riduzione del rischio di legionellosi, lo strumento fondamentale da utilizzare non e’ il controllo di laboratorio routinario, ma l’adozione di misure preventive, basate sull’analisi del rischio costantemente aggiornata.
Questa analisi diventa urgente in presenza di un caso di legionellosi
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Legionella normativa: Linee guida Legionella
Legionellosi – Portale dell’epidemiologia – Istituto Superiore di Sanità